Le peschiere, i laghetti che rendono il Pianalto un posto speciale

Le peschiere, i laghetti che rendono il Pianalto un posto speciale

Le peschiere nascono dall’argilla. Sono piccoli bacini scavati nell’argilla, che si sono riempiti di acqua e dove sono state poi messe le tinche.

Negli ultimi anni, con lo sviluppo dell’allevamento intensivo, non sono più stati utilizzati gli stagni per l’abbeveramento.  Oggi le peschiere vengono realizzate apposta.

Questi stagni non necessitano di impermeabilizzazione. Cioè non hanno bisogno di avere un fondo e i bordi in cemento come le consuete vasche di allevamento in piscicoltura. Il fondo e i bordi di argilla sono già impermeabili.

Lo scavo non deve essere troppo profondo: bastano 2 metri, due metri e mezzo, perché l’acqua deve potersi scaldare per favorire la crescita del pesce ma in inverno deve gelare sono lo strato superficiale.

La forma deve essere rettangolare per favorire al pesca con le reti a strascico (anche se si raccoglie anche con le nasse). La superficie varia a seconda della produzione che si vuole ottenere: per un allevamento commerciale servono almeno 1000-1500 metri quadrati.

Le sponde possono essere inerbite, meglio se falciate per lavorare meglio nella raccolta e nella somministrazione. La corona dello stagno può anche essere colonizzate da canne (fragmiti) o tife, che favoriscono il rifugio e soprattutto la riproduzione con l’attaccamento delle uova. Il canneto, magari con giunchi, carici e altre piante acquatiche, così come la presenza di salici, favoriscono l’ombreggiamento estivo, anche se la peschiera deve sempre essere esposta al sole per la maggior parte della sua superficie

Il disciplinare di produzione della DOP prevede che non siano ammessi “stagni dotati di totale impermeabilizzazione artificiale o realizzati con materiale diverso dall'argilla del Pianalto. Onde evitare forme di inquinamento dovute alle pratiche colturali dei terreni circostanti sarà realizzata una fascia di inerbimento perimetrale degli stagni della larghezza minima di metri 5; nella suddetta fascia tampone è fatto divieto dell'uso di sostanze diserbanti”.

È bene non affidarsi solo all’acqua piovana e realizzare un’alimentazione da pozzo, anche se, in questo modo, l’acqua si scalda più lentamente. In molti casi, per favorire l’attività delle tinche e per ridurre la proliferazione delle alghe, si piazzano degli ossigenatori che muovono l’acqua inglobando bolle d’aria.

Fondamentale stendere le reti anti uccello: la predazione di cormorani e aironi può compromettere la stagione di allevamento.

Ogni 3-4 anni la peschiera andrebbe messa in secca nel periodo invernale e svuotata di tutto il limo con il materiale organico accumulato. Un’operazione che riporta il piano di argilla direttamente a contatto con l’acqua e riduce la proliferazione di alghe e cianobatteri responsabili del gusto di fango nel pesce.

Soltanto oggi le peschiere nascono… come peschiere. La maggior parte degli otre 300 specchi d’acqua artificiali che costellano il Pianalto di Poirino dalle pendici delle colline del Roero alla piana del Po sono nate come cave di argilla o come bacini per l’abbeveramento dei bovini al pascolo.

Le peschiere sono, così, il risultato di un intelligente uso plurimo delle acque che era legato all’economia agricola. Un’economia che vedeva della piccola proprietà contadina (o anche nella proprietà più latifondista) con al centro la cascina (la fattoria) che ambiva a raggiugere il massimo obiettivo di autosufficienza e, nello stesso tempo, il massimo della diversificazione e destagionalizzazione produttiva.

Per fabbricare i mattoni e le tegole per le cascine si scavava il primo strato di argilla rossa, quello più pregiato. Altre cave venivano aperta da imprenditori del settore laterizio. Questi grandi buchi si riempivano di acqua piovana che ristagna proprio per l’impermeabilizzazione creata dal letto di argilla che, come è noto, è costituita dalle particelle più fini dell’erosione geologica, inferiori a 2 millesimi di millimetro. Tra i frammenti di argilla non c’è praticamente spazio. Ne viene fuori una coltre compatta che non lascia passare l’acqua e la fa scorre sopra o ristagnare come nel caso di questi stagni.

Le “tampe” come si chiamano in piemontese, venivano anche create per disseminare le proprietà di piccoli bacini per l’abbeveraggio dei bovini, in un territorio poco piovoso dove si possono allevare vacche poco esigenti in fatto di foraggio come la Piemontese che, comunque, deve bere oltre 50 litri di acqua al giorno. In questi bacini, creati con scavi o con sbarramenti dei punti dove è più consueto il ristagno superficiale, venivano immesse le tinchette che si alimentavano da sole, mangiando le microalghe che proliferavano anche per il dilavamento degli escrementi dei bovini dentro lo stagno.

 

Tinca Gobba Pianalto di Poirino

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